Ciao sono Sonia e sono mamma da 7 mesi di Giordano.
la nostra storia insieme inizia a marzo del 2013 quando scopro di essere incinta.
La gravidanza procede benissimo e, appena superato il primo trimestre, inizio a guardarmi intorno per quello che sarà il mio parto. inizio a cercare informazioni su internet e su gruppi Facebook.
Mi parlano di parti naturali non medicalizzati, in uno di questi mi suggeriscono un libro che parla di tutto questo (LA GIOIA DEL PARTO di Gaskin). Dopo la lettura del libro mi innamoro dell’idea di un parto naturalissimo possibilmente in casa o in ambiente molto intimo, con poche persone… inizio a cercare “case parto” ma scopro che purtroppo sono una realtà solo del nord italia.
Per puro caso mi imbatto in un articolo di giornale che parlava di una struttura all’interno del Grassi che volevano chiudere per mancanza fondi: una casa parto “atipica” in quanto presente all’interno di un ospedale e collegata ad esso. Fortuna vuole che la struttura è funzionante, chiamo e prenoto una visita conoscitiva più o meno intorno alla 32eima settimana.
La gravidanza continua a gonfie vele senza nessun problema serio, combatto solo con una pressione eccessivamente bassa che però, per me, è fisiologica. Una fortuna a detta del mio ginecologo.
Arriva il giorno della visita alla casa Acqualuce. Ci accoglie un ostetrica gentilissima che ci parla della struttura, del suo senso e di come avviene il tutto all’interno di essa. Facciamo una visita dalla struttura e esco da li con la convinzione che quello sarà il luogo dove Giordano nascerà. Inizio con loro le pratiche per accedere al momento del parto alla struttura.
ultimo passaggio previsto prima del “cambio”: il certificato da parte del mio medico dove si attestava una gravidanza fisiologica regolare.
Questo certificato l’avrei preso durante l’ultima visita con il mio ginecologo.
Una sera avverto del mal di testa a livello delle tempie, per scrupolo misuro la pressione ma è stabile, più alta del mio livello normale ma comunque “normale”.
Questo malessere continua per tutto il giorno e si accompagna a gonfiore e alla comparsa di piccolissimi lividini… chiamo il mio ginecologo per scrupolo e mi rassicura dicendomi di non preoccuparmi, sono alla fine quasi e son tutti fastidi tipici, unico accorgimento di tenere la pressione sotto controllo e di richiamarlo se questa superava il limite di 140/90.
La sera con tutta tranquillità, quasi controvoglia, misuro la pressione e mi prende un colpo, il valore è superiore al limite che mi dice. Con il panico lo chiamo e mi rassicura nuovamente… un valore alto una volta non indica nulla, mi dice di tranquillizzarmi e di misurare la pressione 3/4 volte al giorno e di risentirci dopo un paio di giorni per vedere come va… quel tempo corrispondeva alla data dell’ultima visita e al rilascio del certificato.
Con i valori della mia pressione alla mano vado alla visita e, con rammarico, mi comunica che la pressione non va benissimo e perciò devo iniziare a assumere un farmaco per sistemarla. Il certificato naturalmente non lo rilascia ma mi dice di non preoccuparmi, conosce il responsabile della struttura e se si fosse sistemato tutto avrebbe parlato lui per farmi accedere con ritardo….
Chiamo comunque la struttura e comunico quanto successo, sentendo il mio dispiacere mi spostano la visita mettendola oltre il loro tempo massimo per l’accettazione delle mamme che vogliono partorire li. Ritorno felicissima.
La mia felicita dura poco, arrivo a 35 settimane e la pressione peggiora. Torno dal ginecologo e mi alza il dosaggio del farmaco al massimo. Iniziamo a parlare del parto e mi dice di scordarmi il parto presso acqualuce perché rischiavo il cesareo da un momento all’altro. Ero in gestosi. Inizia un attesa snervante, fatta di visite ogni due giorni dal ginecologo con il resoconto della pressione. Il tutto si aggrava alla 36esima settimana quando compaiono le proteine nell’esame delle urine. Con quel valore mi comunica definitivamente che un parto lontano dall’ospedale era pericoloso e che anzi, andavo ricoverata o quantomeno tenuta in osservazione. Trattiamo sul ricovero e ci veniamo incontro: niente ricovero a 36 settimane ma passo sotto controllo ospedaliero nel reparto delle gravidanze sotto controllo (non mi ricordano come lo chiamano precisamente).
Il giorno dopo primo lunghissimo e infinito monitoraggio. Terminato la dottoressa che mi prende in incarico mi fissa gli altri monitoraggi e mi comunica che, se per il 01 dicembre non avessi partorito naturalmente, sarei stata ricoverata e indotta. Mi fissa inoltre il secondo monitoraggio il 26 novembre. Arriva quel 26 novembre, mi attaccano al monitoraggio e questo inizia a suonare ogni minuto… Mi innervosisco e l’ostetrica che era con me mi rassicura dicendomi che appena attaccata era normale che suonasse l’allarme: io ero nervosa e di conseguenza anche mio figlio, appena calmata tutto sarebbe tornato nella norma. Il monitoraggio continuava ad andare in allarme talmente tante volte che la dottoressa mi fece vedere il pulsante per disattivarlo dicendomi di premerlo ogni volta che suonava.
Era un concerto. Finita la visita ad una ragazza che stava monitorando con me stacca il risultato e lo porta in blocco parto. Arrivano 3 medici. Parlottano tra di loro finche non staccano il nuovo fogliettino (nel mentre questo coso continuava a suonare) e dopo l’ultimo parlottare mi comunicano di stare molto tranquilla, qull’allarme indicava i battiti del cuore di mio figlio non erano nella norma. Non potevano mandarmi a casa e così mi hanno ricoverato per ricontrollare il tutto più volte al giorno.
Naturalmente entro nel panico.
Faccio l’accettazione del ricovero e mi sistemano in una sala travaglio. Mi dicono di spogliarmi e mettermi la mia camicia da notte e che a breve sarebbe passato il medico responsabile in quel momento per discutere sul da farsi.
Parto
Il medico arriva e mi spiega cosa succede, mi dice che non è così pericolosa la questione ma che comunque devo “tirare fuori” il bambino il prima possibile. Mi parla dell’induzione con fettuccia, accetto. Mi comunica inoltre che il farmaco ci mette molto ad agire perciò mi consiglia di andare tranquillamente dai miei parenti fuori al blocco parto. Così faccio. Erano le 10.30 del 26 Novembre. Durante il giorno mi fanno più volte il monitoraggio ma sembra che tutto sia rientrato. la sera alle 20 mando tutti a casa dicendo di venire con molta ma molta calma il giorno dopo.
Durante la cena inizio ad avere fastidi alla pancia, lo comunico all’ostetrica che ogni tanto passava e mi attacca nuovamente al monitoraggio. Inizia il mio cammino al parto. La notte i dolori si fanno molto più forti. ma riesco a dormire tra una contrazione e l’altra e tra un monitoraggio e l’altro fino alle 6 di mattina quando il dolore per me è forte.
Di turno la notte c’è un angelo. Quell’angelo che dalle 6 alle 8 di mattina mi tiene dentro la doccia alleviandomi il dolore. Purtroppo il suo turno finisce e mi prende l’ostetrica che farà nascere Giordano (purtroppo non sarà come tutte quelle che mi son passate durante quel giorno in sala travaglio). Rifanno il monitoraggio e ritorna nuovamente a suonare l’allarme, il battito del suo cuoricino torna a far capricci. Mi comunicano che devono velocizzare per arrivare prima alla fase espulsiva perciò mi bucano il sacco e mi mettono l’ossitocina. Non resisto più dal male. Il dottore mi spiega che il forte dolore che provo è dato dal mancato corso della natura, che non ho potuto avere le classiche contrazioni preparatorie che man mano si intensificano di dolore dando pero il tempo al corpo di abbituarcisi. Le mie erano direttamente forti. Mi propone l’epidurale. Accetto. Prima pero devo arrivare a 5 cm di dilatazione. Mi visita e mi dice che si puo fare, sono a 8 cm. Faccio l’epidurale e mi riattaccano il monitoraggio. Il dolore svanisce, rimane solo il forte senso di pressione. Inizio pero a non tollerare molto l’epidurale. Mi prende la dissenteria. Con imbarazzo chiedo alla dottoressa di quel momento di staccare tutto e di mandarmi in bagno spiegandogli cosa mi stava accadendo. Molto carinamente lei acconsente, l’ostetrica no… Rimaniamo entrambe di stucco del suo poco tatto (se così si puo definire). il monitoraggio continua ad andare in allarme e dopo l’epidurale peggiora ancora di più. Il dottore responsabile mi avvisa che, se non ero pronta a partorire avrei avuto il cesareo subito. Di fatti blocca la sala per la mia urgenza. Mi rivisitano e son ferma alla situazione di prima, 8 cm. Mi rispiega tutto, aggiungendo che comunque erano passate più di 24 h dall’induzione e che rischiava il bimbo. Ero sola perché l’ostetrica non ha voluto che con me ci fosse nessuno. Presa dalla paura di far del male a mio figlio accetto il cesareo. Erano le 12 del 27 Novembre 2013. 5 minuti dopo ritorna l’anestesista e mi fa la spinale. alle 12.43 nasce Giordano.
Allattamento
Appena sistemati nella camera post parto inizia il nostro viaggio nel mondo dell’allattamento. Un viaggio iniziato a rilento.
Appena tranquilli provo ad attaccare Giordano al seno ma non si attacca, preferisce dormire. Insisto più volte ma invano… mi dicono di non forzarlo perché è normale per i bimbi nati con cesareo preferire dormire invece di ciociare per via dell’anestesia.
La sera mi riportano Giordano e ancora dormiva, riprovo ad attaccarlo ma niente: il sonno continuava ad avere la meglio. Onestamente inizio ad avere qualche cedimento perché vedevo la mia compagna di camera che allattava tranquillamente.
Il giorno dopo riprendo Giordano al nido dell’ospedale e riproviamo ad attaccarlo ma nulla, non si attacca… provo di tutto… niente. La mia convinzione nell’allattamento vacilla vorticosamente. Improvvisamente durante la giornata Giordano scoppia (per fortuna) in un pianto fortissimo, talmente forte da attirare l’attenzione della capo infermiera del reparto, il nostro salvatore.
Io nel frattempo provavo ad attaccare Giordano ma nulla, vedendomi in seria difficoltà mi aiuta. Si affianca a me e mi fa vedere il modo corretto per attaccarlo; uno dei nostri primi problemi era l’attaccamento. Mi fa vedere dei trucchetti per svegliarlo e mi consiglia varie posizioni per allattare. Questa donna era considerata la iena del reparto, per noi è stata la salvezza!!!
Il giorno dopo le dimissioni. Mi presento al nido per prendere mio figlio e il pediatra mi dice che essendo sceso troppo vuole ricoverarlo. Mi prende lo sconforto più totale. Parlando con il pediatra viene fuori che Giordano è dimagrito di 500 gr in 3 gg, troppo per loro. Alla fine però decide di non trattenerlo, ci manda a casa con la prescrizione del latte artificiali: non potevo allattare non avevo latte e il calo forte era colpa mia.
Arrivo a casa scoraggiata e li i problemi diventano giganti. Giordano non si attaccava più e nella mia testa sempre le parole del pediatra: colpa mia che non avevo latte e lui piangeva perché soffriva la fame. inizio ad odiare l’allattamento. Non volevo più allattare. Ogni risveglio per me era un incubo, piangevamo in due.
Devo dire grazie anche a mia madre che di santa pazienza si è messa li e mi ha aiutato e confortato; ma nonostante tutto la crisi non passava ma peggiorava.
La settimana dopo vado in ospedale per il controllo con il pediatra, cerco quella donna e gli spiego tutto. Mi becco un cazziatone che non finisce mai e mi ordina di buttare la prescrizione del latte in polvere. Si risiede vicino a me e inizia un corso accelerato di allattamento.
E’ grazie a lei che allatto mio figlio da 7 mesi ormai e soprattutto senza mai avergli dato un goccio di latte artificiale!!
Intorno ai sei mesi inizia la nostra seconda avventura:
Lo svezzamento
Ammetto che ho iniziato lo svezzamento in modo quasi tradizionale. Il primo alimento che Giordano ha assaggiato è stata la frutta grattugiata. Una gioia vederlo quasi masticare e mangiare di gusto!! Intorno ai sei mesi provo ad introdurre le pappine e li il dramma: dopo i primi due cucchiaini il pianto isterico! serrava la bocca e non c’era verso di convincerlo ad aprire.
Provo cosi per altri giorni finche un pranzo con i miei Giordano mi fa vedere come voleva essere svezzato. Lo avevo in braccio e in un attimo afferra un pezzo di petto di pollo, lo guarda e lo porta alla bocca assaggiandolo. Non nascondo il mio terrore perché si strozzasse. Gli stacco un pezzo minuscolo, lo imbocco e mangia con gusto.
Cerco su internet informazioni in merito e mi imbatto nel sito dedicato all’autosvezzamento. Da qui inizia il nostro Autosvezzamento.
Giordano da poco più dei sei mesi mangia quello che mangiamo noi in famiglia. Sta correttamente seduto e mastica qualsiasi cosa gli si porge.
Inizialmente gli ho proposto il cibo come gioco lasciandolo libero di toccarlo, osservarlo, tastarlo e farci qualsiasi cosa voleva (puntualmente lo lanciava al cane). Ora invece lo porta alla bocca sempre prima osservandolo e toccandolo. Il suo piatto preferito? Bocconcini di pollo con melanzane gratinate!
Perche ho scelto l’autosvezzamento? Sinceramente perché lo ha scelto lui. Ho lasciato fare alla sua voglia di scoprire, al suo essere pronto ad assaggiare nuove cose. Inizialmente avevo paura che si strozzasse ma con il tempo ho visto che il nostro corpo se non forzato e libero di rispettare i suoi tempi non si autolesiona ma anzi, sa sempre come cavarsela. Per me è un colpo ogni volta che lo vedo diventare rosso per lo sforzo della tosse e la mia voglia di intervenire è tanta ma so che mi devo un po trattenere perché sa da solo come aiutarsi. Colpo o colpi di tosse e tutto torna come prima.
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